SEI editrice, pp. 116, 8 euro
In libreria dal 21 marzo 2013
Disponibile in formato ebook dal 2 maggio 2013
PREMIO SPECIALE DELLA CRITICA CITTÀ DI SARZANA 2015
FINALISTA PREMIO MARIO SOLDATI 2014
PREMIO DELLA GIURIA CINQUE TERRE-GOLFO DEI POETI 2014
PREMIO SPECIALE IL MOLINELLO 2014
PREMIO IN PRIMIS-BANCA DI CHERASCO 2012
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Di che cosa parla
È il 1967 quando Rosa sposa Martino.
Malcontenta, la chiama bonariamente suo marito.
Martino ha un magazzino di materiali edili, ed è un uomo semplice.
Rosa è figlia di due custodi di una villa d’epoca, ed è una donna semplice.
Un ritratto dell’Italia più tradizionale e per questo più vera, scritto in prima persona con uno stile scarno ed essenziale, al di fuori dello spazio e del tempo.
Gli anni della protesta giovanile sembrano infatti lontanissimi da questo Veneto di fine Anni Sessanta.
Passano le stagioni, l’Italia cambia sottopelle, ma Rosa sembra non curarsene.
La sua vita è tranquilla: matrimonio, figli, azienda e, sullo sfondo, la provincia del tempo che fu.
Ma, come in ogni vita, felicità e dolore si susseguono senza sosta. E, come nell’acqua quieta, appena sotto la superficie si intravedono le mille correnti che ne sconvolgono l’andare.
Seguendo quelle correnti sotterranee, ecco una storia di famiglia, ed ecco quegli sconvolgimenti piccoli e grandi che traumaticamente incombono su ogni gesto di quotidiana consuetudine.
Come comincia
A suo modo, anche la mia prima notte di nozze è stata indimenticabile.
Sabato otto luglio 1967, una grande villa veneta riadattata a albergo.
Gli ultimi ospiti si erano ritirati da poco.
Martino e io siamo saliti in camera nostra, tutti e due stanchi morti, impauriti.
Era la prima volta insieme.
Io ventitré anni, lui trentacinque.
Ero inesperta, Martino sulle sue.
Infatti.
Sono entrata in bagno per prima, ho indossato la camicia da notte di seta.
Me l’aveva regalata mia zia Melania.
Aveva detto: Usala nelle occasioni speciali, sarà il pezzo più pregiato della tua dote.
L’ho aspettato nel letto, lui però non si decideva.
È uscito con i capelli tirati all’indietro e lisciati con la gommina.
Indossava una maglietta bianca a costine e mutandoni alla coscia.
Aveva esagerato con il profumo.
In un attimo la stanza si è riempita di un odore molto forte di muschio, tabacco e altre spezie.
Ha detto: Anche tu hai caldo?; ha aperto la finestra, poi si è infilato nel letto.
Per un po’ ha tenuto la testa bassa, forse si vergognava.
Quando ci siamo guardati, gli sono venuti gli occhi da cucciolo.
Mi ha fatto una gran tenerezza.
Sorridevo, del suo imbarazzo e del mio.
Adesso ero io che non volevo guardarlo.
Ero come paralizzata.
Fissavo un punto davanti, sulla parete.
Ho sentito una carezza sulla guancia.
Mi ha sfiorato i capelli, ha detto piano: Rosa.
Mi sono voltata verso di lui.
Avevo caldo, paura, le guance in fiamme.
Mi ha preso la mano.
È rimasto a lungo a carezzarla e baciarla.
Poi, l’ha lasciata.
Si è schiarito la voce, si è girato, ha messo in ordine la sua parte di copriletto.
È stato l’ultimo gesto.
Da quel momento non ha detto né fatto nient’altro.
Come se io non fossi più lì al suo fianco.
Come se non ci fossi mai stata.
Tempo qualche minuto e russava.
Più che delusa mi veniva da sorridere.
Prima di addormentarmi ho fatto in tempo a pensare che la mia prima notte di nozze l’avevo immaginata diversa, leggendo i romanzi della Delly.